Resine epossidiche di nuova generazione per la costruzione di barche
L’utilizzo di resine epossidiche è stato, nella nautica da diporto, tradizionalmente relegato a battelli di nicchia oppure ad operazioni specifiche.
E’ il caso di alcune imbarcazioni da regata che – grazie anche alla richiesta dei loro progettisti – venivano realizzate in epossidica già tre decenni orsono.
Oppure nella costruzione di alcuni “particolari” in fibra di carbonio (come: alberi, boma, timoni, T-top, etc.) le matrici epossidiche sono state tradizionalmente adoperate senza alcuna ombra di perplessità da parte di chicchessia.
Anche nel Refitting abbiamo alcuni casi in cui le epossidiche vengono adoperate solitamente come in occasione dei trattamenti anti-osmosi dell’opera viva di qualche ‘sfortunata’ carena…
Tutto sommato, anche se abbiamo citato qualche caso in cui questo tipo di prodotti viene utilizzato senza problemi, nella maggioranza dei casi, nell’alveo della nautica da diporto ‘classica’, invece, c’è spesso una forte diffidenza verso questo tipo di resine per una serie di motivi tecnici ed economici. Mi spiego meglio.
Fra le varie perplessità di natura ‘tecnica’ ad utilizzare questo tipo di resine vi sono una serie di motivazioni che di seguito riassumo come segue:
a) La minore ‘tolleranza’ nel processo di polimerizzazione dovuta al fatto che le proporzioni fra resina ed indurente devono essere rispettate perfettamente per non rischiare il sottoindurimento del laminato.
b) La necessità di rispettare il range di temperature di esercizio indicato dal produttore, a causa della maggiore sensibilità al delta termico rispetto alle resine vinilesteri o isoftaliche.
c) Il bisogno di effettuare trattamenti di post-cottura termica per raggiungere le migliori proprietà meccaniche.
Sotto il profilo squisitamente economico, in aggiunta, le resine epossidiche hanno spesso rappresentato, agli occhi dei vari ‘uffici acquisti’, qualcosa di inaccessibile nella misura in cui l’unico parametro ad essere raffrontato era il prezzo di acquisto della materia prima rispetto alla famiglia di resine ‘concorrenti’.
Sotto il profilo ‘organizzativo’ e squisitamente ‘produttivo’, inoltre, i cantieri possono riscontrare la qualche difficoltà legata alla minore presenza di maestranze formate a lavorare con le epossidiche piuttosto che con le ‘poli-esteri’.
Tutto sommato, col passare degli anni, grazie all’elevato tasso tecnico e ai non pochi vantaggi che ne derivano, queste matrici sono uscite sempre di più dall’ambito del prodotto di nicchia estendendosi progressivamente anche in sfere dove ‘per tradizione’ non venivano utilizzate.
Infatti, negli ultimi tempi, noto – come consulente di diversi cantieri – che anche chi produce Motor-Yacht o Mega-Yacht sta compiendo qualche passo verso questo tipo di prodotti perché, effettivamente, se da un lato è vero che richiedono un maggior tasso di esperienza ed alcuni piccoli investimenti in termini economici e di formazione, dall’altro è altrettanto vero che con un corretto impiego si sortiscono degli ottimi risultati tecnici.
Innanzitutto, infatti, con le resine epossidiche è garantita una maggiore inerzia chimica verso i solventi polari come l’acqua.
Questo significa, in termini pratici, che con l’impiego di queste resine possono essere teoricamente scongiurati i famigerati fenomeni osmotici tanto temuti dagli armatori.
In seconda battuta, c’è tutto un discorso legato al miglioramento delle caratteristiche meccaniche.
Se è vero – da un lato – che in tutti i compositi la ‘parte del leone’ viene rappresentata dalle fibre, è altrettanto vero che il connubio con una matrice che abbia resistenze specifiche più elevate si traduce in una ‘vita più lunga’ del laminato.
Nel caso delle imbarcazioni, quindi, dove le sollecitazioni cicliche e di fatica sono numerose e difficilmente prevedibili, l’impiego di resine ad elevate performance migliora la resa in termini di durata nel tempo.
In ultimo, ma non per importanza, c’è un discorso legato alle ‘prestazioni estetiche’ dei laminati.
Infatti, spesso, è possibile vedere che – dopo qualche stagione di mare – compaiono sulle barche realizzate con resine della famiglia Poliesteri, delle fastidiose rimarcature ‘quadrettate’.
Questa sorta di impronte non sono altro che la trama delle fibre che affiora man mano che l’imbarcazione viene riscaldata dal sole, a causa dell’evaporazione del solvente contenuto e del conseguente ritiro volumetrico del laminato.
Orbene, questo fenomeno, con le epossidiche è molto limitato grazie all’assenza di solventi ed alla differente cinetica di polimerizzazione. Di conseguenza, anche dopo stagioni di esposizione solare, il fenomeno del cosiddetto ‘print through’ non altera la bellezza delle imbarcazioni e non si rendono necessari dispendiosi trattamenti di carteggiatura e lucidatura.
Sulla scorta di queste valutazioni, ed anche in considerazione del fatto che il gap di costo fra le materie prime si sta riducendo notevolmente, si può tranquillamente affermare che la differenza economica fra epossidiche e vinilesteri (se si guarda all’intero ciclo vita del prodotto) si sta riducendo sempre di più.