La scogliera corallina pugliese: intervista al Prof. Giuseppe Corriero
Stupito e meravigliato, così deve essersi sentito il Prof. Giuseppe Corriero, biologo marino e Direttore del dipartimento di Biologia dell’Università di Bari, quando si è trovato davanti una scogliera corallina mai osservata prima, a poco più di 2 miglia dalla costa pugliese, tra Monopoli e Bari, localizzata tra 30 e 50 metri di profondità.
“Abbiamo scoperto una scogliera corallina sommersa in ambiente semi profondo e crepuscolare, quindi in quasi totale assenza di energia luminosa e deficitario dal punto di vista energetico”.
Si tratta della prima scogliera corallina osservata nel Mediterraneo che “in alcun modo – ci spiega il Prof. Corriero – può essere paragonata a quelle equatoriali che godono, invece, di un ambiente superficiale e acque chiare. Si tratta di due sistemi alimentati da quantità di energia completamente diversi”.
La scoperta della scogliera corallina in un ambiente di penombra ha una valenza importante proprio perché riferita ad un ambiente povero di energia luminosa, “ma ricco di sostanza organica sospesa – chiarisce – ossia correnti marine profonde che scendono dall’alto Adriatico e che vengono intercettate al largo delle coste pugliesi, permettendo la vita di animali sospensivori (animali che si nutrono di cibo sospeso nel liquido, ndr) e tra questi i madreporari, che sono gli stessi costituenti della scogliera corallina e che in questo particolare contesto si esprimono sotto forma di scogliere coralline di dimensioni di alcuni metri di spessore, quindi importanti dal punto di vista dell’accumulo di carbonato di calcio, ma che rispetto a quelle superficiali sono ben altra cosa per dimensione e scala ecologica”.
Il fatto che si tratti di un sistema diverso dalle ben note barriere coralline equatoriali non sminuisce però l’importanza della scoperta: “Abbiamo mappato, studiato e censito 2,5 chilometri di scogliera corallina, ma è plausibile pensare che sia ben più ampia rispetto ai test preliminari condotti lungo la costa pugliese, ma sottolineo che per ora si tratta solo di un’idea, è ancora tutto da esplorare. Abbiamo trovato una cosa nuova e ora dobbiamo capire perché c’è”.
Se ce ne siano altre nel Mediterraneo è impossibile saperlo, ma è plausibile che nel contesto del basso Adriatico possano essere presenti altre strutture come questa, anche perché questo sembrano suggerire i dati preliminari. Speriamo che il clamore mediatico, intorno a questa scoperta, aiuti a sovvenzionare la ricerca finalizzata alla conoscenza del nostro mare.