Team For Design, la grande bellezza
Residenze di lusso e superyacht, per singoli armatori e grandi cantieri: sottesa ad ogni progetto è un’approfondita ricerca estetica orientata al bello. Come in un’orchestra, il risultato finale è frutto – anche – della sintonia dei musicisti: da qui il nome Team for Design. Fondato nel 2005, lo studio veneziano vanta un portfolio ricco di prestigiose collaborazioni, da Benetti a Rossinavi, da Isa Yachts a Dreamline: una collezione di imbarcazioni dallo stile essenziale ed elegante. Abbiamo intervistato l’Architetto Enrico Gobbi, alla guida di Team for Design.
Come si diventa yacht designer?
Mi sono laureato nel 2000 alla facoltà di Architettura dell’Università di Venezia. All’epoca non c’erano corsi di yacht design in Italia, ma negli anni universitari sono stato sempre spinto da una forte passione, mia e anche di famiglia. Per la mia tesi di laurea, infatti, ho collaborato con un ingegnere e un designer al restyling degli esterni di una nave da crociera: è stata una lunga tesi, molto impegnativa.
Dopo l’università sono andato negli Stati Uniti, a Miami, dove c’era un corso di Yacht Design alla Scuola Internazionale di Design.
Poi ho cominciato subito a lavorare: prima, per parecchi anni, direttamente in un cantiere tedesco, dove sono stato subito catapultato nelle problematiche di cantiere; a seguire una lunga collaborazione, durata 4 anni, con lo studio Nuvolari Lenard, che si trova dalle mie parti.

Quanto è stato importante, ai fini della sua carriera, il legame con Venezia, la sua città d’origine?
Tutto il mio percorso professionale è stato influenzato da Venezia, sin da bambino: apri la finestra e vedi l’acqua, passeggi e vedi l’acqua. L’occhio si abitua a vedere le barche, il movimento di uno scafo, ed è così che mi sono appassionato. Per me è un legame embrionale. Anche il mio studio, ad esempio, è sulla terraferma, ma su un canale che collega Venezia: abbiamo sempre l’acqua davanti, non deve mancare mai.
Venezia ha influenzato anche il mio senso del bello, con l’arte, le proporzioni, la storia, gli stili e l’acqua. Per questo dico che quello che siamo lo devo anche a Venezia. Ma con le grandi città che abbiamo nel nostro Paese, credo che questo valga in generale per gli italiani, solo che a volte non ci rendiamo conto della bellezza che ci circonda.
Lei è a capo dello studio Team for Design. Con la parola “team” s’intende valorizzare il rapporto di collaborazione, il lavoro di gruppo che coinvolge gli architetti e i designer nell’azienda. Ma come nasce un progetto all’interno di uno studio che riunisce esperienze variegate?
In studio siamo in nove, ognuno con il proprio background e la propria esperienza.
Io curo il rapporto con il cliente, tento di capire cosa cerca, poi condivido con gli altri le informazioni che ho raccolto. Che sia una casa, che sia una barca, ciascuno esprime il proprio mood di partenza. Io do sempre una mia direzione di stile, ma mi piace vedere la direzione di ognuno nel proprio campo, perché ognuno ha il proprio filone creativo.
La proposta finale raggruppa sempre le idee di tutti e così è vincente. Il team è importante perché ogni progetto è la sintesi di tante menti pensanti.
Lo studio è attivo sia nel settore residenziale, sia nel mondo dello yachting. Da qualche anno stiamo assistendo ad una trasformazione – interna ed esterna – delle imbarcazioni, che tendono sempre più ad assomigliare alle case. Cosa pensa di questo trend?
Gli spazi tipici dei megayacht consentono una progettazione simile a quella delle ville sul mare: si realizzano grandi vetrature e soprattutto grandi aperture che creano una cornice panoramica meravigliosa.
Oggi i grandi yacht dalle linee filanti si vedono sempre meno, il mercato chiede barche sempre più piccole e sempre più spaziose: più piccole per costi di gestione e di manutenzione, ma più spaziose per gli interni.
Questo è un trend che non mi trova d’accordo, in particolare per gli esterni, che risultano un po’ troppo compromessi: la barca finisce per essere sproporzionata. Così si mette in discussione il design puro, che mira a creare un bellissimo oggetto sull’acqua, che dovrebbe invece vivere di compromessi con gli interni.
Il bravo designer, in ogni caso, dovrebbe ricercare e mantenere sempre una certa proporzione tra interni ed esterni. Ma questo è un mio punto di vista.
Negli anni avete collezionato numerose e prestigiose collaborazioni con grandi cantieri. Ma qual è il progetto che le ha dato maggiori soddisfazioni?
È un progetto che abbiamo realizzato lo scorso anno per Rossinavi, Utopia IV.
È in contrasto con le tendenze attuali del mercato, ma è il sogno di ogni designer: un coupé del mare di 63 metri. L’armatore è di Miami, ha una villa sul mare e voleva uno yacht da tenere ormeggiato davanti casa. Per questo ci ha richiesto un oggetto meraviglioso, che comunque non gli impedisse la vista sul panorama. Una volta creato, lo abbiamo allestito con un interno molto bello.
Ci siamo trovati in armonia con il cliente, perciò il progetto ci è piaciuto tantissimo: al primo posto c’era la bellezza.

Qual è la richiesta più bizzarra che ha ricevuto da un armatore?
Non ho alcun dubbio sulla risposta: si tratta di un progetto che non abbiamo ancora realizzato, ma in corso d’opera. Un armatore ci ha chiesto di creare una barca di 70 metri, allestita a poppa con una piscina e una grande zona verde con le palme, che sia protetta dal sole e garantisca privacy quando l’imbarcazione è ormeggiata in porto. È una bella sfida!
Quali sono i progetti di Team for Design per il 2020?
Non posso andare nel dettaglio, ma continuiamo a collaborare con Rossinavi e Isa Yachts. Per il momento posso solo dire che stiamo lavorando a nuovi progetti, mirati alle fiere autunnali, e in più stiamo seguendo la costruzione di diverse barche, sempre per entrambi i cantieri, di 50 metri.