Tempo di Light Drifting
Devo ammettere che fino a qualche anno fa non ho dato la giusta importanza ad una tecnica di pesca che oggi mi regala tantissime soddisfazioni e altrettante fantastiche catture. Parlo del light drifting, una variante del bolentino davvero divertente e fruttuosa se praticata nel modo giusto.
LIGHT DRIFTING: IL PRIMO APPROCCIO
Spesso chi si avvicina a questa tecnica proviene dal bolentino, tecnica basata sulla pesca da fermi o in lentissimo scarroccio. Da qui ad arrivare al light drifting la soglia è davvero sottilissima e, con i dovuti accorgimenti, le soddisfazioni non tarderanno ad arrivare.
Per praticare questa tecnica oggi esistono attrezzi dedicati, come canne e mulinelli studiati e plasmati per aiutare il pescatore che vuole cimentarsi nella pesca in corrente, ma spesso chi si sta affacciando al light drifting, prima di sostenere la spesa per tutto il necessario, utilizza ciò che ha già a disposizione, come canne da bolentino medio leggere o da spinning ad azione parabolica.
Nella mia esperienza che mi ha portato a scoprire questa tecnica, sono arrivato alla conclusione che per praticarla nel modo giusto bisogna dotarsi di canne da almeno 3,5 – 4 metri con mulinelli caricati di trecciato (o nylon), che fuoriesca nella maniera più fluida possibile in modo che l’esca possa posizionarsi in maniera naturale in corrente. La canna poi dovrà essere morbida ma allo stesso tempo energica, in modo da ammortizzare le fughe dei pesci più grandi e contrastare le furiose frizionate dei pelagici che, una volta allamati, cercheranno di prendere il largo alla massima velocità.
L’ATTREZZATURA IDEALE PER IL LIGHT DRIFTING
Per praticare con buoni risultati il light drifting, dovremo partire in primis dalla canna che, come detto, dovrà essere morbida ma allo stesso tempo energica, telescopica o a innesto, di lunghezza ideale a gestire i lunghi terminali necessari per questa tecnica.
Per quanto riguarda il filo in bobina, il mercato oggi ci pone di fronte a due scelte: trecciato o nylon.
- Il trecciato dovrà essere scelto tra i migliori sul mercato, per avere un ottimo carico di rottura con diametri molto sottili, in modo che possa scorrere fluido tra gli anelli anche quando saremo in presenza di scarsa corrente. Alla fine del trecciato poi legheremo 5-6 metri di fluorocarbon, che sarà calibrato in base al target di pesce che vorremo insidiare e che servirà da ammortizzatore in fase di combattimento perché, come sapete, il trecciato non ha nessun tipo di elasticità.
Giunti al termine del fluorocarbonio, inseriremo una piccola girella con moschettone e poi il terminale vero e proprio, che spesso può raggiungere anche i due metri di lunghezza. - Se invece del trecciato si volesse optare per il nylon, anch’esso andrà calibrato sulla base dei pesci che vorremo insidiare. In linea generale, uno 0,25 sarà più che sufficiente qualora il target siano sgombri e sugherelli oppure useremo uno 0,35 se c’è la possibilità di catturare anche pesci più grandi come palamite e affini.
Il terminale vede invece tantissime scuole di pensiero: chi utilizza fluorocarbon molto sottile (si parla anche di 0,20-0,22) con rinforzo finale sempre in fluorocarbon più spesso o trecciato e chi, come il sottoscritto, dopo aver fatto varie prove ha optato per un terminale più vistoso (si parla di uno 0,39 fluorocarbon con rinforzo di 10 centimetri dello 0,50). Se è pur vero che qualche pesce super sospettoso non si avvicinerà all’esca, di contro, qualora si allamasse un big e puntasse verso il fondo, si avrebbe più di una ragionevole possibilità di portarlo a guadino.
Anche sugli ami la scelta può ricadere su due tipologie: l’amo normale ad occhiello o il circle.
Il primo viene quasi sempre ingoiato, portando spesso il rinforzo dentro l’apparato boccale e mettendo quindi a repentaglio il terminale in presenza di una dentatura come quella della palamita, ma dà qualche possibilità in più in caso di allamata detta “di fortuna” qualora il pesce non mangi nel modo giusto. Il circle invece garantisce sempre un’allamata perfetta a lato apparato boccale, rendendo sempre agevole la slamatura e non mettendo quasi mai a rischio il terminale.
L’INNESCO NEL LIGHT DRIFTING
L’innesco va sempre calibrato al meglio perché deve risultare il più naturale possibile ed essere quindi appetibile anche per i pesci più svogliati.
Per l’innesco perfetto servirà un ago adatto a trapassare la sardina dalla coda verso la bocca, inserire nell’apposito alloggiamento l’asola del terminale e sfilare la sardina, che scivolerà sul fluorocarbon fino all’amo. Arrivati al rinforzo, si dovrà fare particolare attenzione al passaggio del nodo di giunzione nella sardina. Se l’ago l’avrà trapassata nei pressi della spina, l’esca non subirà alcun problema. A questo punto lasciamo che l’amo fuoriesca dalla bocca della sardina e siamo pronti a lanciarla in acqua.
Esistono alcune varianti di innesco così come altre tipologie di esca adatte al light drifting. Oltre a sardine e acciughe, che possono essere innescate intere, a filetto o a tocchetti, alcuni preferiscono innescare la striscia di calamaro che, fluttuando in corrente, potrebbe attirare non solo i pelagici ma anche gli sparidi che, attratti dalla scia di pastura, la risaliranno fino ad incontrare l’esca.
LIGHT DRIFTING: LA PASTURAZIONE
Non può esistere il light drifting senza una pasturazione adeguata, che possa attirare i pesci verso le esche calate in precedenza. È la parte fondamentale dell’azione di pesca e, se non eseguita correttamente, potrebbe addirittura essere controproducente alla pescata stessa. Può essere fatta manualmente o affidandosi a prodotti adatti allo scopo. Se opteremo per la prima soluzione, dovremo tenere in considerazione che un pescatore sarà quasi totalmente dedicato alla pasturazione: una scia continua ed omogenea attirerà i pesci anche e soprattutto quando saremo in combattimento con una preda.
L’alternativa è affidarsi a trita sarde o getta sarde elettrici che, una volta caricati, potranno pasturare per noi in maniera impeccabile e soprattutto costante, anche quando tutti i pescatori a bordo saranno distratti da qualche allamata.
Il getta sarde, provato personalmente da ormai una stagione, riesce a sostituire egregiamente il lavoro di pasturazione che prima era affidato ad un membro dell’equipaggio, sia che si voglia gettare le sarde intere oppure tagliate in due/tre pezzi. Quello in uso sulla nostra imbarcazione è un TOP GAME, prodotto Made in Italy dalle sorprendenti qualità tecniche e di facilissima pulizia, caratteristica non di poco conto quando si torna stremati dalla pescata e si cerca di lavare il tutto nel minor tempo possibile.
A PESCA
Una volta trovato il giusto spot la prima cosa da fare è fermare la barca, con ancora o motore elettrico, e iniziare subito con la pasturazione, ancor prima di innescare i terminali. Questa comincerà il suo lavoro di richiamo e renderà subito operative ed appetibili le nostre sarde calate in corrente.
Una volta innescata la prima canna, si lascia andare il terminale e si mantiene l’archetto aperto in modo che il filo possa uscire quando la sarda entra in corrente o, in alcuni casi, scende diretta verso il fondale.
Anche se spesso si pesca con la sardina calata nella maniera più naturale possibile, ci sono alcuni casi in cui bisogna piombare l’esca. Se siamo in presenza di forte corrente e vediamo che la sardina non riesce a scendere correttamente, possiamo provare ad aggiungere pochi grammi di piombo e garantire all’esca una discesa controllata alla quota stabilita.
Il bello di questa tecnica è proprio l’attesa: bisogna aspettare che il filo fuoriesca dal mulinello in maniera super veloce, per poi prendere la canna in mano, chiudere l’archetto e cominciare il tiro alla fune con il pesce.
Se avremo fatto tutto secondo i canoni, le catture non tarderanno ad arrivare e saranno assolutamente divertenti.
ELETTRONICA DI BORDO
Anche l’elettronica gioca un ruolo fondamentale nell’azione di pesca, infatti, un buon apparato ecoscandaglio ci segnalerà la discesa della pastura e l’eventuale presenza di pesce in zona.
Una volta presa confidenza con lo strumento, sarà emozionante e divertente guardare il display e contare uno per uno i pesci che sono entrati in pastura, seguendo la discesa delle sardine. A quel punto, se anche le nostre esche saranno nei paraggi, non passerà molto tempo prima di vedere la canna totalmente piegata.