Traina con il vivo
Parlando di traina con il vivo nella stagione invernale, il discorso si riduce spesso alla cattura dei dentici, che in questo periodo accostano fino agli inizi di primavera, quando deporranno le uova per poi migrare verso acque più fredde.
Calando un’esca in profondità in questo periodo, bisogna sempre tener presente che fra gli sparidi esistono tante altre prede insidiabili e soprattutto che la taglia dei pesci che potremmo insidiare può facilmente essere al di sopra delle nostre aspettative, semplicemente utilizzando piccoli accorgimenti.
CASO O BRAVURA?
Portare a paiolo in una mattinata di fine autunno o d’inverno una grossa orata, mentre magari si stava trainando un calamaro alla ricerca di tutt’altra preda, è spesso ritenuto un caso o pura fortuna.
La carenza ormai costante, in alcune zone d’Italia, di dentici di dimensioni significative fa letteralmente gridare al miracolo, quando si vede aggallare un esemplare di mole.
Ma siamo realmente convinti che sia così? Siamo in grado di analizzare con cura ciò che avviene attorno alla nostra esca? Valutare quali modifiche apportare ai nostri calamenti per averla vinta anche sui pesci più diffidenti?
LA SCELTA DELL’ESCA
Dovendo insidiare sparidi, indubbiamente la scelta dell’esca ricadrà sui cefalopodi vivi.
Per il dentice anche l’innesco di sugarelli, alacce, sgombri ed aguglie può regalarci una cattura. Invece, nel caso dell’orata sarà d’obbligo l’utilizzo di un cefalopode, ancora meglio se si tratta di una seppia.
Il dentice predilige esche voluminose, non avendo paura di aggredire anche calamari con pesi intorno al chilo e seppie di ogni genere.
L’orata sembra prediligere esche di piccole dimensioni, non esitando ad attaccarle ripetutamente fino a ridurle in brandelli.
LA SCELTA DELLA PROFONDITÀ
Cercheremo le orate agendo su una batimetrica più bassa, meglio se a ridosso delle praterie di posidonia, tra i 25 ed i 35 metri.
Per quanto riguarda, invece, i grossi dentici, sarà bene spostare la nostra attenzione sulle secche e sulle cigliate con profondità che variano dai 33 fino ai 60 metri.
Ciò non toglie che entrambe le specie si possano trovare in fase di stasi a profondità diverse.
Tuttavia, durante la fase di marea montante generalmente cacciano in gruppo intorno a queste batimetriche, probabilmente favorevoli alla loro costante ricerca di cibo.
IL MATTINO HA L’ORO IN BOCCA
Oltre la fase di marea, è bene tener presente che le orate vanno cercate nelle prime ore dopo l’alba.
Questi astuti predatori, infatti, sembrano rimanere in caccia attivamente nelle prime ore del mattino, mettendosi poi in stasi durante tutto l’arco della giornata.
I branchi sfruttano i riflessi del primo sole per agire indisturbati, piazzandosi poi nella posidonia quando il sole è alto ed il rischio di essere visti aumenta esponenzialmente.
I grossi dentici, invece, oltre che all’alba, possono facilmente essere insidiati anche al tramonto, quando iniziano delle vere e proprie scorribande intorno alle secche, dove magari sono stati inattivi per tutto il giorno.
Non di rado, infatti, dopo numerosi passaggi, proprio mentre si sta per andar via con il sopraggiungere del crepuscolo, un grosso predatore viene a contatto con la nostra esca.
ANDAMENTO LENTO, ANZI LENTISSIMO
Non è il ritornello di una canzone di qualche anno addietro, bensì il modo corretto di far lavorare le nostre esche.
Ciò che spesso si ignora è che pesci scaltri come le orate o i dentici non amano esche che si comportano in maniera innaturale.
Pescando ad esempio con le seppie, sarà fondamentale tenere una velocità di traina prossima al mezzo nodo, meglio se con l’ausilio di un piccolo motore da spinta.
Per spingere un predatore diffidente ad attaccare, non basta solo scegliere una buona esca: occorre anche considerare il modo in cui viene presentata.
Corrente, vento e motore sono infatti le componenti che incidono in maniera determinante sul risultato finale di una giornata di traina. Passare al posto giusto, al momento giusto, con un’esca presentata bene sono gli ingredienti perfetti per una cattura da ricordare.
Importante anche non staccare la marcia al primo sentore di mangiata da parte del pesce: con velocità così basse è fondamentale spingere il predatore ad insistere più volte all’attacco, lasciando la marcia inserita e scegliendo con cura il momento della ferrata.
TERMINALI ED AMI
Dovendo dare un movimento naturale all’esca a velocità veramente ridotte, sarà imperativo non esagerare con il diametro dei terminali e con la dimensione degli ami.
Ogni appesantimento al complesso pescante determinerà infatti una cattiva riuscita della nostra strategia di pesca.
Per i terminali andremo su 2 mt. di fluorocarbon del 0.47/0.52 abbinati ad ami con misure dal 2/0 al 4/0 per i trainanti e del 4/0 al 6/0 per i ferranti.
Ovviamente, pescando con fili così sottili non sarà così scontato aver ragione di pesci di mole. Solo la pazienza ed una buona canna parabolica potranno esserci d’aiuto qualora la nostra missione diventi “impossibile”.